IRAN in camper
LA TAPPA PIù INTENSA
Raggiungere l’Iran con il nostro camper, accompagnati da Sila e Ginny, è stato uno di quei viaggi che ci ha fatto battere il cuore, non solo per l'entusiasmo, ma anche per un filo di ansia che ci accompagnava. L'idea di trovarci in un Paese così diverso da quelli che avevamo attraversato fino a quel momento ci inquietava: le leggi, le tradizioni, la cultura. Eppure, una volta superato il confine, tutte quelle preoccupazioni si sono rivelate infondate.
Attraversare il confine verso l'Iran è stato il primo impatto con un mondo completamente nuovo. Le montagne desertiche si estendevano fino all'orizzonte, intervallate solo da qualche solitario villaggio. La segnaletica era pressoché inesistente, le strade erano percorse da poche auto e molti mezzi, e tutto sembrava sospeso nel tempo.
posti di blocco militari
Mentre guidavamo in questo paesaggio surreale, ci siamo imbattuti in un posto di blocco militare, uno dei tanti. Eravamo preparati, ma un po’ tesi. Ci hanno chiesto i documenti e, in maniera molto diretta, se fossimo mai stati in Israele o avessimo intenzione di andarci. Era Aprile 2024, l'inizio di una nuova tensione tra i due Paesi.
Un giovane soldato ci ha chiesto di aprire il camper per un controllo. Era serio, con il mitra in mano. Ma nel momento in cui ha visto Sila e Ginny, il suo volto si è illuminato di un sorriso sincero. Ci ha chiesto, quasi divertito, se "cane e gatto non litigassero tra loro". Poi, dopo una rapida occhiata, ci ha augurato buona permanenza in Iran. Un gesto semplice, che ha sciolto la tensione e ci ha fatto sentire i benvenuti.
arrivo a tabriz e nuove amicizie
Arrivati a Tabriz nel tardo pomeriggio, abbiamo trovato posto in un campeggio gratuito della città. Subito ci siamo imbattuti in una famiglia francese, veterani del viaggio in Iran: era ormai una tradizione annuale per loro, nelle loro parole c’era tutto l’entusiasmo e l’amore verso un Paese che ormai consideravano la loro seconda casa.
Poco dopo, una famiglia locale si è avvicinata con un bambino che teneva in mano dei biscottini per Sila. Erano curiosi di conoscere la nostra storia, ci hanno invitato a bere un چای (un the) sotto un gazebo, seduti sui loro tappeti persiani. Oltre ad aver toccato molti argomenti è stato inevitabile dirottare la conversazione sul tema attuale, la tensione tra Iran e Israele. Nonostante la preoccupazione, le loro parole erano intrise di speranza e gentilezza. Abbiamo passato ore a chiacchierare, consapevoli della fortuna che avevamo noi di poterci muovere liberamente nel mondo.
Tabriz: alla scoperta della città
Il mattino seguente ci siamo svegliati entusiasti di esplorare Tabriz, ma ci siamo subito accorti di essere senza moneta locale e senza internet. Ci siamo uniti a un’altra coppia di viaggiatori e abbiamo scroccato un passaggio in taxi verso il centro, costo dell’operazione: 200.000 Rial, poco più di 30 centesimi. Dopo aver cambiato i soldi e acquistato una SIM card, ci siamo ritrovati con un'enorme mazzetta di banconote. Per un attimo, ci siamo sentiti ricchissimi, infatti 1,00 € vale circa 650.000 Rial.
La giornata è trascorsa tra le meraviglie del bazar di Tabriz, uno dei più antichi al mondo, e le visite alle moschee. Pranzando in un locale tipico, ci siamo immersi nell’atmosfera vibrante della città. Davanti ad una moschea abbiamo conosciuto un’altra viaggiatrice Carmen dalla Slovenia e Seljan, un ragazzo del posto, abbiamo avuto modo di condividere con loro qualche ora e qualche chiacchiera riguardo i nostri diversi stili di vita e differenti modi di vedere il mondo davanti ad una tazza di caffè e di thè.
La sera, di ritorno al camper, ci sono venuti a trovare Darya e Sahand, una giovane coppia di Tabriz, conosciuti tramite Couchsurfing. Ci hanno raccontato delle loro vite in Iran, delle difficoltà di vivere in un Paese con regole così restrittive e dei loro sogni di viaggio, che per ora potevano realizzare solo con l'immaginazione.
Un brusco risveglio: decisioni difficili
La notte è passata tranquilla ma al mattino siamo stati scossi da una notizia che ha reso palpabile la paura: l'esercito iraniano aveva risposto agli attacchi israeliani con un lancio di missili e droni. Sebbene questi fossero stati intercettati, i media avevano già trasformato l’atmosfera in un vortice di terrore, dipingendo scenari catastrofici. I notiziari non lasciavano spazio a dubbi: la Terza Guerra Mondiale sembrava essere dietro l'angolo, con l’Iran indicato come campo di battaglia imminente. La tensione cresceva minuto dopo minuto, e il timore di un’imminente chiusura dei confini ci attanagliava.
Eravamo entrati nel Paese appena due giorni prima, e già ci trovavamo di fronte a una decisione difficile. L'idea di rimanere diventava sempre più insostenibile. I telegiornali martellanti parlavano di escalation inevitabile, e pur sapendo che probabilmente non saremmo stati bersaglio diretto, il timore di trovarci bloccati in un territorio che poteva chiudersi su di noi in qualsiasi momento ci preoccupava, così come non volevamo visitare il Paese pensando continuamente a quale fosse il confine più vicino in caso di necessità.
In contatto costante con l’Ambasciata Italiana a Teheran, loro ci suggerirono di lasciare immediatamente il Paese. Ore di discussioni, tra di noi e con ad altri viaggiatori, non hanno fatto altro che aumentare la nostra confusione.
Alla fine, con il cuore pesante, abbiamo deciso di lasciare l’Iran. La preoccupazione per la nostra sicurezza, si sommava all’immenso dispiacere di lasciare un Paese che si trovava in bilico su un baratro che non aveva scelto. La vera tragedia era quella della popolazione civile, stretta nella morsa di un conflitto assurdo, vittima di decisioni prese lontano dalle loro vite. L'amarezza ci accompagnava, consapevoli che i veri colpevoli di quella crisi non sarebbero mai stati toccati dalle bombe, ma le persone comuni sì, loro stavano già pagando il prezzo più alto.
L'unione fa la forza
Abbiamo deciso di condividere il viaggio verso l’uscita dal Paese con una giovane coppia di francesi, Guillelme e Angelique, anche loro viaggiatori con un gatto, Maku, identico a Ginny.
Le ultime 24 ore in Iran sono state piene di momenti bizzarri: litri di Chay offerto, cene improvvisate, offerte di alcool illegale, zuppe dal sapore discutibile e tante, tante risate. Un modo per esorcizzare la rabbia e la delusione.
L'attraversamento del confine è stato lungo e caotico, cosa dovuta probabilmente alla poca abitudine di quella frontiera ad avere a che fare con mezzi turistici; ma dopo cinque interminabili ed estenuanti ore ci siamo trovati dall’altra parte.
Oltre il confine, ci siamo guardati indietro, pieni di emozioni contrastanti e pieni di domande… Avremo fatto la cosa giusta? Non avremo preso una decisione affrettata? Ma ormai era andata. Avevamo lasciato l’Iran.
Doveva essere, se non la parte più importante del nostro viaggio, sicuramente un Paese su cui avevamo investito tanto. Sia in termini economici che emotivi. C’era voluto tanto per arrivare fino a li, e, in un battito di ciglia, tutto era sfumato. L’amarezza e la delusione erano forti dentro tutti noi.
tra bellezza, contrasti e speranza
Con il senno di poi, possiamo dire che lasciare l'Iran è stata una scelta affrettata, e alla fine, l'escalation tanto temuta fortunatamente non si è verificata.
Purtroppo, ci siamo fatti anche influenzare dai telegiornali, italiani ed esteri, e siamo caduti vittima di una narrazione esagerata e sensazionalista. Questi media, sempre pronti a dipingere scenari apocalittici pur di attirare ascolti, hanno trasformato una situazione delicata in una catastrofe imminente.
Avremmo dovuto fidarci del nostro istinto e analizzare le cose con maggiore lucidità, invece di lasciarci trascinare dall'ansia e dal pessimismo. Alla fine, ci siamo fatti condizionare e abbiamo preso una decisione che, col senno di poi, si è rivelato un errore.
L’Iran è un Paese che ha tanto da offrire: dai paesaggi mozzafiato alle città storiche, dalla cucina deliziosa alla sua gente straordinaria. Purtroppo, gli interessi economici e politici portano distruzione, impedendo al mondo di scoprire quanto questo Paese sia speciale. Gli iraniani non sono i loro governanti: sono persone gentili, accoglienti e sorridenti, nonostante le difficoltà. Combattono quotidianamente per il cambiamento, non con gesti eclatanti, ma con piccole azioni quotidiane, sperando che un giorno le cose possano davvero cambiare.
Le parole che più abbiamo sentito durante quei cinque giorni nel Paese sono state: “Benvenuti, grazie per scelto di visitare l’Iran!“.
Noi ci auguriamo che la situazione politica nel medio oriente cambi al più presto. Perché l'Iran merita di essere vissuto e amato, al di là delle tensioni e dei conflitti. E noi, sicuramente, ci torneremo.